La mia tavola

Mi criticano sempre, a cena, per lo stato della mia tavola. Ospiti ineducati che nessuno ha invitato, che entrano, lasciando la porta aperta e senza nulla in mano, con la loro pancia, con il fetore della loro pelle, con i problemi di cui io, senza saperlo, ero stato proclamato risolutore, con la loro stanchezza, che dovrei risollevare con il mio naso rosso da pagliaccio, con i loro guai, di cui me ne dovrei caricare la maggior parte e portarli al posto loro. Si siedono, pretendono non so quali pietanze, con un’arroganza che non concepisco. Tra l’altro se ne potrebbero andare quando desiderano, nessuno li ha mai invitati, o quantomeno che si limitassero a mangiare in silenzio. Invece si lamentano, pensano che i miei ti amo scaduti non li avessi fatti con un qualche surrogato misto di immaturità e follia, o che la carne umana in putrefazione che offro sia il risultato di cattiveria e viltà, non del fatto che quella migliore, nella mia avidità e voglia di subito, me la sia mangiata prima, o che i miei affetti comperati all’asta siano là per caso, non con il cuore. Criticano le mie bugie, fatte per limitare i danni e non per acquisire potenza, come dicono loro, o il mio silenzio, la bomba nucleare che ho ingoiato pur di non farla esplodere, con il dubbio che prima o poi esploda, o mi avveleni. Pensano che io mi diverta, a offrire quella merda, in un tavolo di plastica nella cantina sotterranea dai connotati organici, con le pareti degradate dai dubbi che mi hanno condannato al corpo da morto vivente ed un’anima viva morente, che non vorrei tutti quei regni che hanno gli altri,  imbastiti di banchetti, su tavoli d’oro lucidati a dovere… Pensano che io non mi imbarazzi.

I più dialettici vanno oltre i lamenti menzionando le mie promesse fatte a colazione, in cui caviale e aragoste si sprecavano. Ma io non ho mai promesso nulla, non lo farò mai. E se l’ho fatto non lo ricordo, non ricordo il passato, se non le mie angosce, non quelle cedute, prevedo solo il futuro, i doni o le maledizioni che avranno gli altri, mai quelli miei. Perché sono egocentrico ed egoista. A quel punto non nego di sentirmi in colpa così inizio ad uscire le pietanze più buone che ho, quelle che volevo tenere solo per me. Valigie, sempre più piccole, di sogni sconosciuti. Forse valigie vuote. Non sogno più, costruisco patetiche impalcature con quello che trovo tra le mie luride mani. Percorsi distorti, che non comprendo neanch’io, che si incrociano anche tra di loro senza concepire i punti di riferimento e di destinazione. Quando non dormo li setaccio, ma non ho una mappa completa, mi baso su sassi che lascio e prontamente non riconosco più qualche giorno dopo. Ma sono pietanze che ho congelato per anni pur di aspettare l’occasione giusta, e sono andate tutte a male.

Se ancora l’ospite non se ne è andato, parlo anche di me, di quel poco che so. E’ il veleno finale. Devo essere bravo a farlo bere ma il meno possibile, in modo da centrare il confine tra non farlo morire e non farlo andare via. Micropipette e puntali finora non sono mai bastati in questo. Non si contano gli ospiti scappati maledicendomi e quelli morenti che mi chiedono perché l’ho fatto, mentre sbadiglio.

9 risposte a “La mia tavola

    • Caro claudio, è vero quello che dici. Forse sì, probabilmente c’è anche la falsità nella crudezza di questa tavola. Grazie per la lettura!

  1. Provo a descriverti le emozioni che il tuo racconto mi ha suscitato…
    Ciò è già un gran pregio… “donare emozioni” per quanto apparentemente possa sembrare naturale o semplice non lo è…
    Dunque mi sono rivista come una comparsa di una commedia ad atto ad atto unico…
    Apparentemente poco importante ma spesso cercata da molti perchè quella particina era l’ingraggio giusto di una scena madre… Un pò la mia vita, forse la tua… ricercati nel momentio del bisogno altrui,poi accartocciati… e via via nel nostro cuore stanco… macerie su macerie…
    E’ la via che appare più semplice da seguire…Con il tempo il clichè si ripete…cambiano i personaggi, cambiano le battute da recitare… quasi una noia mortale perchè in noi sono dei dejavù che riemergono… Gente diversa, ma forse più similare di quanto si creda…
    Chi ha cuore o sensibilità resterà sempre con il cuore puro… tra uno sbadiglio e l’altro… chi ha veleno, egoismo purtroppo resterà tale… nessuna colpa… almeno io non le ricerco più…
    Che linea allora seguo… prova tu ora ad immaginare un grande armadio con tanti piccoli cassetti…
    In ognuno infilo quel poco quel niente forse che un’esperienza mi ha donato…in ogni cassetto un pò di quel buono che ne ho tratto… aNCHE IL NEGATIVO NELLA PIEGA PIù NASCOSTA HA IL POSITIVO…
    Smetto di usare parole forti, smetto di urlare per farmi notare in giorni bui… e serena aspetto di mettere in un altro cassetto un pizzico di bene…
    Solo facendo così riesco a non indurire il mio cuore, a vivere, a donare comunque vada…
    A te grazie per avermi dato la conferma che in fondo, in fondo siamo tutti sulla stessa grande arca…
    parlandone … allentiamo tutte le nostre tensioni…
    Un abbraccio
    Fata scalza

    • Estrapolo e sottoscrivo la tua frase, anche il negativo nella piega più nascosta ha il positivo. E’ vero, anche se è molto difficile da applicare nei momenti grigi o bui. E se la frase non è vera, l’ottica deve essere quella di pensarla lo stesso… Grazie per la lettura!

  2. Non sentirti in colpa. Prima o poi qualche ospite inatteso arriverà a divorarti. O almeno, ci proverà…

  3. Non so come sono capitata qua, forse hai lasciato un commento da me o forse no, e la scoperta è stata frutto del puro caso. Ad ogni modo il tuo volto non mi è nuovo… anche se non so spiegarmi il come e il quando. Assai improbabile un incontro, non sono mai stata (purtroppo) dalle tue parti, e non so dove altro potrei averti visto, ma è così. Ho la forte sensazione di conoscerti…

  4. Scusa, avevo premuto invio e non mi sono accorto che avevo inserito il mio email in maniera scorretta.. mi sa che ti sei aggiudicato un altro follower…

    • Ciao chris, ti ringrazio per i complimenti, non possono dare che motivazione ed entusiasmo nel percorso, a tratti sconosciuto, che a sprazzi intraprendo…

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